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Una nuova Luce per il mondo

2000, per i cristiani un momento speciale, si commemora il Giubileo, festa con riferimenti biblici che si svolge ogni quarto di secolo e, secondo la tradizione ebraica, tempo di pace e riconciliazione, tempo di grazia.

Ma per i giovani cattolici, il Giubileo di quell’anno è stato qualcosa di speciale e unico. A Tor Vergata, vicino Roma, in Italia, si celebrava l’ottava Giornata Mondiale della gioventù (GMG), una grande festa della Chiesa.

Cari giovani del secolo che inizia, dicendo« sì »a Cristo, voi dite sì a ognuno dei vostri più nobili ideali. (…) Non abbiate paura di donarvi a Lui: Egli vi guiderà e vi darà la forza di seguirLo ogni giorno in tutte le situazioni.” Questo è stato l’invito di Papa Giovanni Paolo II, a quella folla di giovani che s’ incontravano in quell’occasione speciale.

Contemporaneamente, a pochi chilometri di distanza, nello stadio Flaminio, i Giovane Per un Mondo Unito (GPMU), animati dall’Ideale dell’Unità, si erano riuniti per un prezioso scambio di esperienze, in un contesto multiculturale, che si proponeva di testimoniare la gioia e il coraggio di un nuovo cristianesimo vissuto dalla “generazione del nuovo millennio che stava iniziando”.

In quell’avvenimento Chiara Lubich presentava ai giovani un’altra Chiara, di cognome Badano , che, attraverso una profonda esperienza di donazione totalitaria alla volontà di Dio, è diventata un chiaro e concreto esempio per i giovani che l’hanno conosciuta.

Quattro anni più tardi, vivendo un esperienza di formazione in una delle città-modello del Movimento dei Focolari in Svizzera, durante una messa domenicale nella grande cattedrale di Zurigo, mi sono trovato in una chiesa enorme, ma vuota di fedeli.

Guardando intorno a me solo donne e vecchi, nessuno altro giovane oltre il nostro gruppo. Tale esperienza è stata per me l’incontro immediato con il dolore nel vedere che “la mia comunità” sembrava condannata a morte. Quale futuro avrebbe quella realtà soprannaturale, se non ci sono giovani disposti a viverla concretamente, continuando l’esperienza di popolo di Dio?

Ciò che non mi aspettavo, ed è stata una sorpresa provvidenziale, avvenne un anno dopo, in un’altra “grande chiesa”, nella Piazza San Pietro in Vaticano, durante una veglia di preghiera per la salute di quello stesso Giovanni Paolo II che aveva incontrato i giovani cattolici a Tor Vergata, cinque anni prima.

Passando attraverso le grande colonne che sostengono il colonnato del Vaticano, uno spettacolo indimenticabile. Una piazza piena di giovani, inginocchiati, chiedendo per la vita di quel padre che tanto amavano e che stava per morire.

Io ero uno di quei giovani che piangevano senza sosta, sapendo che probabilmente non avrei mai rivisto una figura così carismatica in tutta la mia vita. Giovani Paolo II era il testimone di un’adesione integrale alla Parola di Dio che ho sempre creduto essere la vera guida per la Felicità duratura.

Quella notte ho capito che la Chiesa era ancora molto viva, che tutti quei giovani ancora credevano in essa, nel suo messaggio.

Ho pensato che sarebbe stato l’ultima volta che avrei vissuto questa esperienza, ma ancora una volta sono stato positivamente sorpreso.

Negli ultimi cinque anni, come la maggioranza dei giovani cattolici, ho cercato di perseverare di fronte alla profonda crisi di valori che l’Occidente ha dovuto affrontare. Ho accolta con grande dolore la coscienza di che questa crisi è arrivata pure nella “la mia comunità”.

Come rispondere in modo concreto, come giovane, a tutto questo? Come essere testimone della bellezza di una Chiesa che, soprattutto, vuole portare tutti a un cammino verso la felicità vera?

Il 25 settembre 2010, poco più di cinque anni dopo l’esperienza in Piazza San Pietro, a Roma, ero nella piazza del Santuario del Divino Amore, a celebrare la beatificazione di Chiara Badano che, conosciuta come Chiara Luce, è stata riconosciuta dalla Chiesa come un’altra testimone perfetta di cristiana nel mondo moderno.

Genitori di Chiara Badano

Nella serata in Aula Paolo VI , in Vaticano, una grande festa con giovani di oltre 70 paesi ha cercato proprio di presentare al mondo (anche attraverso le dirette internet e trasmissioni via satellite) un nuovo tipo di santità, che porta jeans, gioca a tennis, che usa internet …

La testimonianza di Chiara Badano va oltre le mura dei pregiudizi di che il cristianesimo non piace, non soddisfa, è fuori moda. E proprio a San Paolo “fuori le mura”, che si è svolta la Messa di ringraziamento per la sua beatificazione.

“Una giovane di cuore cristallino”, ha definito Chiara Badano mons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, durante la sua omelia alla beatificazione. “Una giovane, intelligente, atletica, positiva – continua – che in un mondo pieno di ricchezze, ma quasi sempre malato di tristezza, infelicità, trasmette un messaggio in ottimismo e la speranza “,

Sono tornato a casa felice, ascoltando il mio mp3, parlando con i miei amici, ma dentro di me qualcosa di nuovo: ero cosciente che posso fare tutto questo, ma essendo nell’amore, diventare anch’io luce per il mondo, come la beata Chiara Badano.

(revisione Edoardo Zenone)

O privilégio de ser jornalista

Sempre fui tratado com uma certa depreciação por parte de amigos por ser jornalista. A ignorância faz acreditar que “qualquer um sabe escrever” e pior, permite que muita gente realmente pense que o trabalho jornalístico se resume exclusivamente a esse “escrever”.

Dessa forma a imprensa mundial é cheia de pseudo-comunicadores que simplesmente “escrevem”, mas pouco pensam, se preparam, refletem e em nada procuram desenvolver o próprio ofício de forma ética sabendo que, antes de tudo, o profissional da comunicação é um prestador de serviços, primeiramente, à própria comunidade e a conseqüentemente à sociedade como um todo.

Contudo, ser jornalista é se deparar com experiências novas, desafios inesperados e poder vivenciá-los é o que me faz ser tão apaixonado pela minha profissão.

Três dias atrás, em uma conversa informal, fui convidado para participar de uma jornada no castelo de Caux, maravilhosa construção da pequena cidade que está a sudoeste da Suíça e abriga o centro de conferências da organização “Iniciativa e mudança”, que desenvolve diversos trabalhos em prol de um mundo melhor em diversos países.

A ocasião especial era a participação da atual presidente do Movimento dos Focolares (www.focolare.org), Maria Voce. Convidada a apresentar um painel sobre a Economia de Comunhão (EdC) (www.edc-online.org), iniciativa no campo da Economia dos Focolares, Maria Voce foi uma das palestrantes da semana intitulada “Confiança e Integridade na economia global”.

O trabalho desenvolvido por “Iniciativa e mudança” é muito interessante e vale a pena conhecer (www.caux.iofc.org) e as semelhanças das iniciativas realizadas no campo econômico foram aquilo que motivou a organização a convidar Voce.

O que eu não esperava é que, após a conversa informal citada acima, estaria “pautado” a escrever um artigo sobre a conferência e já agendado uma entrevista com Martin Robra, teólogo e um dos diretores do “ World Council of Churches”, outra com o representante do movimento budista, Rissho Kosei-kai, Naoki Taketani, e a última com Maria Voce.

Durante a sua intervenção, a presidente dos Focolares falou sobre a experiência da Economia de Comunhão, enfatizando a necessidade de uma “Cultura do Dar” em que somente a partilha entre ricos e pobres pode levar a sociedade a um desenvolvimento justo. Citando a falecida fundadora, Chiara Lubich, Voce apontou que os homens foram criados “como dom uns para os outros” e que é preciso exercitar-se quotidianamente para olhar colegas de trabalho ou concorrentes a partir da perspectiva da fraternidade.

Terminada a palestra, logo atrás de mim estava o Sr. Taketani e imediatamente pude perguntar (in english) a sua opinião sobre o que Maria Voce havia apenas dito. “Nós da Rissho Kosei-kai nos sentimos estimulados e responsáveis por esse projeto” afirmou e recebi um “Absolutamente não” quando perguntei se o fato de ele ser budista o distanciava da proposta da EdC.

Logo em seguida algumas fotos do Sr. Robra e sua esposa que saudavam Maria Voce e quando eles se despediram pude perguntá-lo (also in english) sobre o que o World Council of Churches poderia ajudar nesse projeto. “Fazemos parte deles”, recebi como resposta.

Duas horas mais tarde, encontrei Maria Voce pelos corredores do castelo de Caux e fui saudado com um “Ah! É você que é o Valter!”. Contente me dirigi à sala em que outra jovem jornalista estava pronta para entrevistá-la.

Após esperar 15 minutos, me dirigi à Maria Voce para perguntar aquilo que havia colhido e preparado. “Como falar de Cultura do Dar, recuperar a confiança, com alguém que não faz ou não valoriza qualquer tipo de caminhada religiosa ou humanista, mas está imerso na cultura do sucesso, do lucro, como um diretor de uma multinacional, por exemplo?” pergunto, crente de que era uma excelente questão. “Quem disse que devemos falar de cultura do dar? Nada disso! Não devemos falar! Com essas pessoas, nessas ocasiões, é preciso testemunhar essa nova cultura, com a nossa vida, até que elas possam entender”, respondeu-me Maria Voce.

Depois de vivenciar meus 15 minutos com Voce percebi o quanto é maravilhoso ser jornalista. A oportunidade de encontrar e construir um pequeno relacionamento com essas “personalidades” me ajuda a colher a humanidade que existe nelas e entender o verdadeiro sentido da palavra “graça”.

Começo agora a escrever o artigo sobre o que foi falado na conferência e sobre a necessidade de “unir forças” para construir projetos, ações, juntos, para potencializá-los.

Provoc@Ç@O 18 – Para onde queremos ir?

Editorial:

Nos últimos dias tive o privégio de conhecer Paris e toda a beleza da Cidade Luz.  Não me gabo disso, certamente, mas posso dizer que estar uma semana em uma capital cheia de uma atmosfera especial me ajudou a refletir muito sobre o que é desenvolvimento e quais as consequências que as escolhas, levando em conta aspectos econômicos ou sociais, podem gerar.

Às “vésperas” das eleições que vão direcionar uma continuidade ou mudança nas diretrizes do Brasil me pareceu importante escrever sobre a realidade que me “esbarra” todos os dias aqui na Europa.

Desde que cheguei tenho me surpreendido com a dura realidade que o Velho continente vem vivendo. A colheita das sementes plantadas há alguns anos.

Será que buscamos um país nos moldes desenvolvidos da Europa e EUA? Será que o desenvolvimento econômico garante o bem estar???

Não sei!

Para download: http://www.4shared.com/document/3vA7rzhp/Provocao_18.html

[Eleições 2010] Quanto vale um voto? – por Luigino Bruni

Porquê as pessoas vão votar?

A ciência econômica ainda não pode nos dar respostas a esta questão de forma convincente. Se seguirmos somente o critério de racionalidade puramente econômica, isto é, aquele que nos leva a fazer escolhas em termos de custos e benefícios para o indivíduo, nenhum cidadão racional deveria ir às urnas. De fato, o impacto que um único voto tem sobre o resultado final de uma votação política está muito perto de zero, enquanto que o custo (em tempo, especialmente) está todo sobre o indivíduo. Se, em outras palavras, cada pessoa se perguntasse “o que o meu voto acrescenta na política nacional?” e agisse de conseqüência, deveríamos nos encontrar com as sessões eleitorais desertas.

Mas porque então, não obstante a teoria econômica e os economistas, ainda muitas pessoas vão votar? Talvez porque quando participamos da vida civil e política não olhamos somente aos benefícios e aos custos individuais e materiais, mas atribuímos também um valor intrínseco ou ético à participação política em si. Quando Franca deve se decidir se ir ou não votar, se o custo material do voto é 2 (tempo, gasolina…) e o benefício é 0,1 (isto é, quanto vai influenciar o seu voto no êxito eleitoral), se ela não considerasse outros tipos de benefícios, ficaria tranquilamente em casa ou iria passear. Se, ao invés, a participação política lhe traz por si mesma bem estar ou felicidade, é como se àquele 0,1 se acrescentasse um valor material que, se bastante elevado, a faz ir às urnas ao invés de gozar de um repouso dominical. O que podemos dizer então, a partir desta prospectiva, sobre o declínio da afluência? Antes de tudo, deduzir que este declínio é também resultado de um número crescente de pessoas que pensam em termos puramente individualistas e “econômicos”.

Mas podemos dizer ainda algo mais. Quando a qualidade do debate político e a moralidade dos políticos decaem, aquele valor intrínseco e simbólico da participação se reduz nas pessoas. E quando decaem abaixo do limiar crítico (para Franca é de 1,9 e cada um tem o seu “limiar crítico”) pode-se não ir mais votar: “não vale mais a pena”, é uma expressão que diz em extrema síntese tudo isso. E mesmo se Franca ignora qual seja o seu “limiar crítico”, se este ano não foi votar, com esta sua escolha nos revelou que o seu valor intrínseco da participação política decaiu. Neste caso até mesmo um ‘não voto’ é um sinal de mal-estar e talvez um pedido por uma melhor qualidade da vida política. É claro, existem cidadãos para os quais o valor ético da participação política é muito alto, mas muitos outros gravitam ao redor daquele valor “limiar” e a crise moral da política pode ter induzido muitos destes a renunciar ao voto.

O que concluir então? Se quisermos que as pessoas continuem a votar, a exercitar este direito-dever príncipe em uma democracia, é preciso preencher de ideais e de moralidade a política e fazer com que aquele valor simbólico, mas muito real, seja sempre alto e que “valha a pena”.

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