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La gratuità come risposta all’amore di Dio – “La logica naturale dell’amore trinitario”

In una lezione di economia tenuta da Luigino Bruni, Daniel Beniamino lo ha interpellato circa il rispetto del concetto di reciprocità e l’impossibilità di amare senza aspettare, umanamente, una risposta dell’altro.

(…)

Un tuffo nelle comprensioni politiche e nel conoscere lo sviluppo della coscienza giovanile dopo il ’68, mi ha fatto sentire dallo stesso Daniel alcune esperienze fatte dal movimento sociale in Brasile, che cercava con la formazione, di “risvegliare” i giovani ad una coscienza globale co-relazionata.

Dopo averlo sentito ho detto che, secondo me, non basta la coscienza: l’esperienza è determinante per capire la dimensione umana dell’amore, è ciò che ci spinge a capire il senso profondo della nostra conoscenza.

Da lì abbiamo fatto un tuffo profondo nel cos’è l’amare secondo l’ottica trinitaria. In quel momento di profonda comunione mi sono subito ricordato dell’intervista fatta, ormai quasi un anno fa, con Maria Voce, sulla cultura del dare e l’economia di comunione in cui lei mi ha fatto vedere come l’amore rispetta la libertà degli altri e che quando ci troviamo davanti alle situazioni in cui l’altro, coscientemente, decide di “non amare”… ci tocca soltanto testimoniare l’amore, che percorre un apparente “senso unico”.

Ma in verità quest’amore verso gli altri, [una comprensione personale] proprio perché è basato sul libero arbitrio ed anche perché è «excursus» ermeneutico, è anzitutto risposta all’amore personale di Dio per noi, che c’è, indipendentemente.

L’amore di Dio non va o torna, ma è la nostra capacità di accogliere e interpretare che cambia, si sviluppa, nel momento in cui siamo in relazioni con gli altri. L’amore è l’essenza di Dio ed è presente in tutto il Creato e nei rapporti interni fra esse. Noi siamo invitati a vivere la reciprocità con Dio, per rispondere al Suo amore.

Allora, essenzialmente amiamo per due motivi: prima per stare in rapporto reciproco con Dio, rispondendo al Suo amore, facendo la nostra parte (in maniera volontaria e libera) e poi per permettere che gli altri possano vivere la stessa esperienza e scoprano la bellezza di stare in rapporto reciproco con Dio.

È vero anche che tante volte Lui manifesta il Suo amore personale per noi attraverso la risposta delle persone (o della natura). Mi sembra che potrebbe forse essere un modo Suo di farci capire l’interdipendenza e l’unità del cosmo. Quando amiamo come risposta all’amore di Dio, coltiviamo l’amore negli altri, poi (liberamente e volontariamente) possiamo rispondere anche a questo amore, amando, permettendo che l’amore sia la logica intrinseca in tutte le relazioni umane.

Qui la gratuità è necessariamente rispettata, ma c’è una tensione verso la reciprocità, condizione intrinseca perché questa “logica per natura” sia presente.

L’amore non ha altro che fare che non amare, ma avrà sempre bisogno dell’amato e dell’amante perché sia perfetto, cioè, reciproco.


La gratuità come risposta all’amore di Dio

La logica naturale dell’amore trinitario

In una lezione di economia tenuta  da Luigino Bruni, Daniel Beniamino lo ha interpellato circa il rispetto del concetto di reciprocità e l’impossibilità di amare senza aspettare, umanamente, una risposta dell’altro.

(…)

Un tuffo nelle comprensioni politiche e nel conoscere lo sviluppo della coscienza giovanile dopo il  ’68, mi ha fatto sentire dallo stesso Daniel alcune esperienze fatte dal  movimento sociale in Brasile, che cercava con la formazione, di “risvegliare” i giovani ad una coscienza globale co-relazionata.

Dopo averlo sentito ho detto che, secondo me, non basta la coscienza: l’esperienza è determinante per capire la dimensione umana dell’amore, è ciò che ci spinge a capire il senso profondo della nostra  conoscenza.

Da lì abbiamo fatto un tuffo profondo nel cos’è l’amare secondo l’ottica trinitaria. In quel momento di profonda comunione mi sono subito ricordato dell’intervista fatta, ormai quasi un anno fa, con Maria Voce, sulla cultura del dare e l’economia di comunione in cui lei mi ha fatto vedere come  l’amore rispetta la libertà degli altri e che quando ci troviamo davanti alle situazioni in cui l’altro, coscientemente, decide di “non amare”… ci tocca soltanto testimoniare l’amore, che percorre un apparente “senso unico”.

Ma in verità quest’amore verso gli altri, [una comprensione personale] proprio perché è basato sul libero arbitrio ed anche  perché è «excursus» ermeneutico, è anzitutto risposta all’amore personale di Dio per noi, che c’è, indipendentemente.

L’amore di Dio non va o torna, ma è la nostra capacità di accogliere e interpretare che cambia, si sviluppa, nel momento in cui siamo in relazioni con gli altri. L’amore è l’essenza di Dio ed è presente in tutto il Creato e nei rapporti interni fra esse. Noi siamo invitati a vivere la reciprocità con Dio, per rispondere al Suo amore.

Allora, essenzialmente amiamo per due motivi: prima per stare in rapporto reciproco con Dio, rispondendo al  Suo amore, facendo la nostra parte (in maniera volontaria e libera) e poi per permettere che gli altri possano vivere la stessa esperienza e scoprano la bellezza di stare in rapporto reciproco con Dio.

È vero anche che tante volte Lui  manifesta il Suo amore personale per noi attraverso la risposta delle persone (o della natura). Mi sembra che potrebbe forse essere un modo Suo di farci capire l’interdipendenza e l’unità del cosmo. Quando amiamo come risposta all’amore di Dio, coltiviamo l’amore negli altri, poi (liberamente e volontariamente) possiamo rispondere anche a questo amore, amando, permettendo che l’amore sia la logica intrinseca in tutte le relazioni umane.

Qui la gratuità è necessariamente rispettata, ma c’è una tensione verso la reciprocità, condizione intrinseca perché questa “logica per natura” sia presente.

L’amore non ha altro che fare che non amare, ma avrà sempre bisogno dell’amato e dell’amante perché sia perfetto, cioè, reciproco.

Testamento 2011 – Felicidade que nasce da atividade mais alta do conhecimento

Finalmente hoje completo (e começo) outro ano daquele que considero um maravilhoso «excursus» [caminho], busca profunda da Verdade, ontologicamente «alethèia» [verdade existente que se mostra] e essencialmente «kenosi». O tentativo metodológico de (des)contínuo esvaziar-me para dar espaço ao “novo”, que muitas vezes amedronta, mas que quase sempre permite um crescimento interior e em direção aos outros.

Esse intenso “esperar” o «kairos» [tempo certo], parece depois que nunca coincide com os ansiosos desejos cronológicos. È necessária uma paz que as vezes incomoda, mas que me ajuda a dar a medida certa da consciência gnosiológica do que é paciência.

Legal também é perceber, consequentemente, que tudo o que a busca metafísica e as explicações cientificas não conseguem alcançar, a misericórdia fraterna “chega lá”!

Nesse ano “sophiano” fiquei amigo de “belas figuras”: Parmênides, Descartes, Sócrates, Lucas, mas os melhores com certeza são Aristóteles, Galileu Galilei e o apóstolo Paulo. Esses três personagens me fizeram descobrir a beleza da interdisciplinaridade trinitária: filosofia, ciência e teologia.

Um mergulho decidido na ontologia trinitária da Criação e do Criador que depois me ajudou a abrir o coração à «pericoresi» com a qual “eu estou no mundo na mesma medida que o mundo está em mim”.

Nos relacionamentos, amizades, estudo… em cada experiência pude encontrar o Amor (ágape), que na diversidade do outro me fere, mas que é caminho único para uma profunda experiência de Verdade.

Talvez hoje a minha riqueza é sobretudo ter adquirido um novo conhecimento, novas perspectivas, fruto da experiência em Sophia. Porém, sem os relacionamentos trinitários e fraternos com os colegas de estudo, seria uma visão quase «ideológica».

De qualquer forma, o Amor, em mim, ressona não somente no desejo de levar o “divino” à humanidade. Em mim o “La afinador” é um amor único, especifico, pessoal. Amar nunca mais será, depois desse ano, uma palavra de significado absoluto in si mesma. Amor é amar COM, amor Da, Amá-la.

Nesses meus vinte seis anos pude experimentar um sentimento novo, intenso, grande demais, mas que realmente se transformou em companheiro e sentido para a almejada Máxima Felicidade!

O amor necessita do amado e do amante. Amor, amado, amante… a visão trinitária do mundo não me deixa mais em paz.

Felicidade, gratidão e um grande sentimento de responsabilidade em levar tudo aquilo que recebi (e recebo) ao mundo, às pessoas. Ser verdadeiro instrumento do Comunicador.

Queria ter a coragem paulina e a caridade mariana, mas me vejo sempre mais nas “traições judasianas” e na “falta de fé tomésiana”. Mas, de qualquer forma, procuro seguir em frente…

… Feliz , não da felicidade estampada em sorrisos, mas naquela indubitável porque faz brilhar os olhos.

Testamento 2011 – Felicità che nasce della attività più alta della conoscenza

Ecco che oggi mi vedo compiere (e cominciare) un altro anno di quel che considero un meraviglioso «excursus», ricerca profonda della Verità, ontologicamente «aletheia» [verità esistente che si svela] e essenzialmente «kenosi». Il tentativo metodologico di (dis)continuo svuotarmi per far spazio al nuovo, che tante volte intimorisce, ma che spesso porta ad una crescita interiore e verso gli altri.

Questa intensa attesa al «kairos» [tempo giusto], non sembra  mai coincidere con gli ansiosi desideri cronologici. Ci vuole una pace che ogni tanto turba, ma che mi aiuta a dare la misura giusta della conoscenza gnoseologica della pazienza.

Bello, in conseguenza, è che ciò che la ricerca metafisica e le spiegazioni scientifiche non sono capaci di raggiungere, la misericordia fraterna “ci sta”!

In quest’anno “sophiano” sono diventato amico di tanti “bei volti”: Parmenide, Cartesio, Socrate, Luca, ma i migliori certamente sono Aristotele, Galileo Galilei e l’apostolo Paolo. Questi tre personaggi mi hanno fatto scoprire la bellezza della trinitaria interdisciplinarietà: Filosofia, scienza e teologia.

Un tuffo deciso nell’ontologia trinitaria del Creato e del Creatore mi ha aperto poi il cuore per la «pericorese» in cui sono nel mondo e nella stessa misura il mondo è in me. Nelle relazioni, amicizie, studio… in ogni esperienza ho trovato l’Amore (Àgape), che nella diversità dell’altro mi ferisce, ma che è strada unica per una profonda esperienza del Vero!

Magari, oggi, la mia ricchezza è soprattutto l’acquisizione profonda di nuove conoscenze, nuove prospettive, frutto dell’esperienza a Sophia. Ma senza i rapporti trinitari e fraterni con i compagni di studio, sarebbe una visione quasi «ideologica» dell’esperienza.

Però, l’Amore, in me, risuona non soltanto nel desiderio di portare “il Divino” all’umanità. In me il  “La accordante” è un amore unico, specifico, personale. Amare non sarà mai più, dopo quest’anno, parola con il significato assolutamente in sé. L’amore è amare CON, amore Da, amarLa.

Nel mio ventiseiesimo anno ho potuto sperimentare un sentimento nuovo, intenso, troppo grande, ma che veramente è diventato compagno e senso per la desiderata “Massima Felicità”.

L’amore ha bisogno dell’amato e dell’amante. Amore, amato, amante… la visione trinitaria del mondo non mi lascia più in pace.

Felicità, gratitudine e un forte sentimento di responsabilità nel  portare tutto quello che ho ricevuto al mondo, alle persone. Essere vero strumento del Comunicatore per eccellenza.

Volevo avere il coraggio paolino e la carità mariana, ma mi trovo più nei continui tradimenti “giudaiano” e nella assenza di fede “tommasiana”. Però, comunque, vado avanti…

… felice, non di quella felicità che ci si trasmette col sorriso, ma che è indubitabile perché fa brillare gli occhi.

Il silenzio e la “non musica”

“Coloro che amano dovrebbero stare spesso silenziosi”¹. La relazione tra amore e silenzio fatta dallo scrittore britannico Charles Morgan (1894 – 1958) sembra scontrarsi con la definizione di silenzio come “assenza di suono” tratta dalla famosa enciclopedia digitale Wikipedia².

Silenzio, secondo Morgan, è piuttosto un atteggiamento attivo (si fa silenzio per amare) e non passivo, più presenza che assenza. Wikipedia, al contrario, presenta il silenzio come “assenza”, ma poi aggiunge alla sua definizione l’importanza del silenzio come “componente essenziale della musica”. Questa relazione tra amore e silenzio di Morgan, sembra poi toccare ontologicamente il significato della relazione tra il silenzio e la musica.

Musica, silenzio e ascolto

Il rapporto tra musica e il silenzio sembra stabilirsi di modo necessario nel momento in cui si aggiunge il ruolo dell’ascolto.

Tenendo conto che la musica è espressione gratuita (dono di sè) del musicista, che “distilla nel cuore la Verità”³, sembra necessario un vero ascolto, profondo annientamento dall’ascoltatore, per cogliere ciò che è messaggio musicale, e cioè, c’è bisogno del silenzio “come realtà vivente”4.

D’altra parte si può definire “vera musica” quell’espressione in cui il musicista riesce a trasmette profondamente l’ispirazione, “negli infiniti limiti della sua piccolezza di uomo a confronto di Dio” 5. Quando è frutto dell’ascolto che coglie il silenzio interiore da parte di chi la suona, affinché sia “più espressione dell’Uomo che di un uomo”5.

Questa relazione tra musica, ascolto e silenzio si trasfigura spontaneamente attraverso “l’unica caratteristica che il silenzio condivide con il suono, in un contesto musicale: la durata” ². È in questo momento che ognuno (musica, ascolto e silenzio) esegue, allo stesso tempo, la sua funzione specifica, che poi caratterizza ed è caratterizzata dalle altre attraverso la relazione reciproca. Questo vuol dire che musica, silenzio e ascolto devono darsi reciprocamente ed essere concomitanti.

Silenzio secondo i musicisti

Secondo la giovane svizzera, suonatrice di viola e violino, Andrea Burger, “il silenzio è una parte molto grande e importante della musica, perché senza esso non c’è musica”. Per Andrea “la musica ha bisogno dell’ascolto e per questo è necessario avere il silenzio”.

Il chitarrista brasiliano Renan Nerone non è d’accordo con la definizione di silenzio come assenza del suono. Secondo lui “il silenzio fa parte della nostra vita, proprio perché è vita; quello che potrebbe sembrare l’assenza del suono – anche se noi uomini non siamo ancora sicuri se il silenzio assoluto esiste veramente – ha un valore e un significato immenso per la nostra esistenza”. Riaffermando l’idea della musicista svizzera Andrea, Renan aggiunge che “non esiste musica senza il silenzio, perché è attraverso esso che la musica acquista il suo colore affascinante”.

Le opinioni di Andrea e Renan sembrano trovare sintesi in quello che la suonatrice di Oboe e compatriota di Andrea, Marita Kohler, pensa del silenzio: “Non è soltanto un fenomeno fisico, come l’assenza di rumori, ma soprattutto una realtà interiore, che esige raccoglimento, tranquillità”.

La profonda intimità e l’assoluta necessità del silenzio, nel rapporto con la musica, ci sembrano chiare e vengono sostenute anche dal punto di vista dei musicisti. E inoltre, come presenta Giovanni Pianna nel suo libro “Filosofia della Musica”, il silenzio è come “realtà vivente”, non semplice assenza.

Siccome non si tratta di analizzare l’assenza di suono, ma guardare al vero senso nella musica, è stato adottato il termine “non musica”, evidenziando soprattutto che esso non può essere silenzio (perché, come si è visto, è realtà attiva e necessaria). La “non musica”, invece, assume per definizione il carattere di “assenza”, spesso ingiustamente attribuito al silenzio.

Definizione di “non musica”

La definizione di “Non musica” o “A-musica” non si trova facilmente nelle diverse tesi o studi musicali (gli stessi musicisti intervistati trovano difficoltà a definire cosa sarebbe per loro la “non-musica”). La musica, invece, è un argomento molto studiato ed è spesso visto come forma di espressione personale,  “scienza delle emozioni”, come la definisce il compositore statunitense George Gershwin.

Ma quando la musica non ha più in sé un senso di donazione genuina e gratuita, come definito sopra, ma è strumentalizzata per fini esclusivamente economici (vendita di dischi, per esempio), può essere ancora chiamata musica?

Fondamento della “non musica”

Nel secolo scorso, diversi studi sulla potenzialità e l’effetto della musica nell’uomo, hanno scoperto, tra le altre cose, che essa influisce nel ritmo cardiaco, nella respirazione ecc… Altri studi, come quello fatto nell’Università di Toronto dalla psicologa Sandra Trehub6, sull’influenza del cambiamento della frequenza musicale applicato in bambini dai sei ai nove mesi, hanno identificato il ritmo musicale come aspetto basilare e primario per determinare l’effetto emozionale della musica.

Oltre l’influenza del ritmo, la ricercatrice ha anche scoperto l’esistenza di preferenze musicali a determinati tipi di suoni, e il rifiuto di altri. Studi come questi, in cui si possono coniugare anche scoperte psico-biologiche per fare della musica strumento di “manipolazione” [nel senso di una produzione musicale orientata ai gusti degli ascoltatori], non interessa soltanto ai musicisti, ma, specialmente, ai grandi produttori musicali: lo afferma un altro ricercatore di questo campo di studio, l’americano Mark Jude Tramo.

La biomusicologia e l’industria fonografica

La scienza che si è specializzata nel decifrare le reazioni umane agli stimoli musicali, è conosciuta come biomusicologia.

Nata nel 1982 con le opere di Nils L. Wallin7, essa aveva come scopo quello di riallacciare i rapporti fra musicologia e biologia. E’ un periodo storico assai propizio: si assiste, infatti, all’esplosione dell’interesse per il “fenomeno musica” tra i neuroscienziati, psicologi e altri ricercatori di diverse aree della conoscenza umana. Questo rinnovato interesse scientifico pone le basi per una nuova ri-definizione di musica: in chiave anche biologica piuttosto che solo culturale.8

In seguito, tale scienza viene utilizzata come base metodologica in diversi studi relazionati alla psichiatria e alla medicina in generale; è difficile non pensare che l’industria fonografica, con l’aiuto della manipolazione tecnologica dei suoni, non faccia uso di questi studi per la propria produzione che, alla fine, capovolge il carattere di “dono genuino e gratuito di sé” della stessa musica, trasformandola in “struttura prodotta attraverso processi sociali e non soltanto musicali”9. In questo modo si adatta la propria produzione ai gusti generali indicati da questi studi, cercando benefici fondamentalmente economici.

L’etnomusicologo John Blacking afferma che l’“uso di tecniche e statistiche, con comparazioni di scale di suoni calibrate e l’analisi della frequenza possono sembrare soltanto scientifici e oggettivi, ma escludendo il contesto culturale e musicale dei suoni ci si può impedire la scoperta del vero significato della musica” 10.

Il silenzio che non è “non musica”

I musicisti intervistati si mostrarono sorpresi sulla possibilità di una “non musica”. Andrea Burger non aveva mai sentito menzionare il termine e Renan Nerone la classifica come “imperfezione”, che contraddice  la sua personale concezione di musica presentata come “quello che nasce proprio del sentimento umano il quale comunica con la ragione/processi musicale una realtà divina, perché i nostri sentimenti, noi stessi, siamo stati creati da Dio”. Ma è la definizione di Marita Kohler quella che sembra riassumere meglio la “non musica”: “Tutte le espressioni musicali che non hanno l’abilità di parlare all’interiorità dell’ascoltatore o dell’interprete sono “non musica” per me”.

La definizione presentata dalla suonatrice di oboe sembra anche delineare chiaramente  la differenza tra silenzio e “non musica”. Mentre il primo spesso è considerato “assenza di suono”, ma che, come detto in precedenza, è parte necessaria della musica, non è assenza, ma presenza e ascolto profondi, la “non musica” è sì assenza, assenza di Verità, di anima, assenza del senso profondo che definisce la musica, diventa strumento di manipolazione, controllo e non sentimento/realtà divina, non più strumento di comunione fra ascoltatore e musicista.

Conclusione

L’etnomusicologo John Blacking che confronta il senso della musica, incorporato dagli interessi capitalisti, afferma: “i dogmi capitalisti ci dicono che poche persone sono musicali, ma l’esperienza capitalista ci dice che l’industria della musica genera molto soldi per mezzo della musicalità di tutti”.

Resta allora, come è stato accennato dall’allora Papa Giovanni Paolo II che, in un incontro con i partecipanti dell’incontro internazionale “Univ 2005”, organizzato dall’ICU (Istituto per la Cooperazione Universitaria), ha invitato i ragazzi a “rinnovare i linguaggi dell’arte e della cultura“, ricordando ancora una volta che “la musica, come tutti i linguaggi artistici, avvicina l’uomo a Dio“.

(1) Citazione

(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Silenzio#Musica

(3) Confessioni IX 6 (14), Agostino

(4) PIANA Giovanni – Filosofia della Musica – Editore Angelo Guerini – 1991

(5) L’arte, “nuova creazione” – Chiara Lubich

(6) TREHUB Sandra – “Infancy: A musical history tour”  – Infant and Child Studies Centre – University of Toronto – 2009

(7) WALLIN  N.L. –  The Origins of Music – MIT Press – Cambridge, Mass.2000

(8) Alessandro Bertirotti  – La biomusicologia   – http://www.itoscana.org/interventi/05_interventi.html

(9) PEDEROVA Patrícia e TUNES Elizabeth  – A geração e criação de pesquisa sobre musicalidade: confusões conceituais – Universidade di Brasilia

(10)  BLACKING, John  (2000) How musical is man? Seattle and London: University of Washington Press

2010 – Muitos anos em um!

E lá se vai 2010! Ano de mudanças significativas, definitivas.

Queria um dia ter talento suficiente pra fazer um anuário em poesia, mas prefiro usar da retórica para explicar bem e de modo sucinto aquilo que vivi.

Olhando para trás – exercício extremamente importante para quem deseja passos de “Billie Jean” e não “moonwalker” – me dou conta de tudo o que se passou nesse ano.

Do Casamento da minha irmã mais velha, à minha graduação como jornalista até essa tarde de estudos em Genebra não só um continente me distancia, mas sentimentos, passos e toda uma vida que mudou essencial e profundamente.

Os primeiros meses do ano foram vividos em ritmo de férias! Providência e trabalhos não esperados permearam o primeiro trimestre do ano que teve dois baluartes: a viagem freudiana as minhas origens pernambucanas e a acolhida daquela que se tornaria instrumento concreto do amor de Deus na minha vida.

A viagem à Recife foi maravilhosa! Transformou o modo com que via minhas origens, minha mãe e eu mesmo… me ajudou a entender o quanto fui amado pelos pais da terra e o Pai do Céu, que me ajudaram a fazer as escolhas que me trouxeram até aqui!

A visita da Flávia foi o momento síntese daquela que considero a minha busca existencial. Por tantos anos da minha vida pensei que deveria encontrar a pessoa certa pra viver comigo a vida, de maneira livre, desapegada, totalitária. Conceitualmente as intenções eram sempre as melhores, mas metodologicamente o erro era perceptível: Antes de tudo DEUS! Era o que a minha consciência (para os cristãos, o Espírito Santo) gritava insistentemente, mas que a teimosia não permitiu entender rapidamente.

Encontrar a Flávia, quase 5 anos depois do nosso último encontro foi recuperar um pedaço de mim que havia perdido “não sei quando, nem onde”. Mas que bastou para transformar definitivamente a minha vida.

Agora, já no Velho Continente, depois de passados mais de meio ano e muitas horas de estudo, de vida em comunidade na Istituto Universitario Sophia, de relacionamentos verdadeiros, novos, belos, tudo parece tão distante. A impressão é de que vivi realmente mais que um ano.

Claro que a saudade faz parte de toda a experiência… que é falta do feijãozinho da mãe, da caipirinha e o churrasquinho com os amigos, vida caótica na minha São Paulo, mas sobretudo falta das pessoas que me ajudaram a estar aqui, edificaram comigo a minha felicidade. Festejo a Graça de poder viver com algumas delas aqui na Zoropa… Quantas comunhões maravilhosas com meu grande irmão Cristian que transformaram profundamente a minha relação com Deus e aquilo que considero Felicidade de Estado.

Karina, William, Dani Fassa, Borjão… amigos das antigas… Naila, Samar, Claire, Jay, Alexis… novos amigos… Estive rodeado de pessoas queridas que me ajudaram em tantos momentos a não perder o foco, a perseverar, lutar e claro, RECOMEÇAR!

Queria oferecer toda essa minha profunda alegria, todo esse ano fantástico, à minha família que amo tanto e pelas qual vivo intensamente. É a certeza do amor dos meus pais, das minhas irmãs que me ajuda a seguir adiante de coração aberto, livre, FELIZ!

Não esqueço também das amizades, da Escola, da PUC, do Futebol, dos Focolares, da TV Cultura, Análise, Scriba… tanta gente que carrego dentro e que certamente dão sentido a cada experiência vivida. Cresce-se sem jamais esquecer das próprias raízes!

Agradeço à DEUS por mais um ano maravilhoso, pleno, cheio de desafios, aprendizados, mas sobretudo festejo a possibilidade de poder amar e no amor encontrar a verdadeira FELICIDADE. QUE VENHA 2011!!!

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