Category: Estórias Page 13 of 16

Enchente

Enchente

_Porque não posso usar o bilhete único???

_Não está carregado meu garoto!!

_Que merd… !!! Eu devia ter ouvido o meu pai quando ele disse para carregar o cartão no metrô…

 _ Mãe vou dormir!!!

 _ Tchau… boa semana!!!

 _ Sim… aceito…

!!BASTA!!!

Estar aqui esperando que a chuva passe em uma catastrófica segunda – feira, abre alas da semana – advento de mais um ano completado. Não acreditava que ela começaria de forma tão impertinente, mas também não vou ficar aqui perdendo tempo “viajando” e vendo a chuva cair.

Correr na chuva da uma sensação gostosa, de parecer nunca chegar aonde queremos, mas continuamos, corremos.

Carros imersos ao mar das ruas e seus bueiros entupidos com o lixo que não foi recolhido a semanas. Que infortuna!!!

Continuo com meus passos, a curtir o banho celeste… o tênis já está mesmo encharcado, mas a vontade de chegar é maior do que a de abster-me.

Sinto uma alegria louca… uma certeza de que são poucos os privilegiados que podem protagonizar tal espetáculo.

A enchente assola bairros pobres, pessoas pobres. São eles os maiores prejudicados, mendigos arrastados, mergulhados no mar criado.

Enquanto isso, dou risada dos ricos vendo seus carros sendo levado pela correnteza… Audi, Mercedes… o aquecimento, o ar condicionado e o DVD não adiantam na situação em que nos encontramos.

Bom… cheguei. Encharcado, mas feliz de ter chegado.

Vou estudar, sem tantos motivos humanos e filosóficos, mas somente coma esperança de um dia, sem pestanejar, esses pobres eu consiga ajudar.

Desigualdade e a Pobreza

Desigualdade e a Pobreza

Quando conheci o Desigualdade ele já tinha cinco anos, mas pelo estado em que se encontrava, parecia que haviam se passado quinhentos desde o seu nascimento. Lembro-me que havia dito que nascera em uma manjedoura, como o menino Jesus, mas depois fui entender que este era o nome do único hospital da região em que vivia, na periferia da cidade dos Arranhas-Céu.

Desigualdade só aprendeu a falar com oito, nove anos, por não poder freqüentar a escola, devido à guerra entre facções do tráfico de drogas, que impossibilitava as crianças a saírem na rua durante o dia. Era um menino feliz, mesmo diante das inúmeras dificuldades. Passara fome tantas vezes e em outras tantas foi obrigado a vender chicletes pelos faróis do centro da cidade. O menino Desigualdade cresceu sem sonhos, sem saber o que gostaria de ser “quando crescer”. Tinha sugestões pouco sóbrias advindas de seus colegas de bairro: traficante, ladrão, jogador de futebol, cantor de pagode ou de Rap, cobrador, quem sabe político?

Todos os dias em que atravessava a cidade, Desigualdade encontrava outros garotos da sua idade, que moravam no Centro e estavam sempre correndo e brincando. Enquanto eles terminavam o Fundamental, Desigualdade com quatorze anos ainda estava na quarta série. O garoto pensava se alguma vez aqueles meninos haviam passado às dificuldades que ele era obrigado a suportar todos os dias.

Um certo dia, caminhando entre os tiros da guerra civil instalada entre a polícia e os chefes do tráfico, conheceu uma garota diferente de todas as que havia encontrado em sua vida. Seus olhos sempre lacrimejantes, sua boca trêmula e a expressão de pavor, a faziam ser pessoa mais triste que ele já pode encontrar. Após uma apresentação rápida, mas solene, Desigualdade conheceu a Pobreza. Filha de africana com europeu, havia chegado ao Brasil com cinco anos, trazida por um navio de refugiados da Costa do Marfim. Pobreza vestia trapos, andava sempre descalça e quase nunca comia. Era magra, mas a barriga cheia de vermes mostrava uma situação insustentável.

As duas crianças tornaram-se amigas rapidamente. Tanto Desigualdade quanto a Pobreza eram ícones dos cidadãos da periferia, do continente africano, latino-americano, repleto de crianças sem perspectivas, jovens sem sonhos e adultos sem forças.

Muitos foram àqueles que encontraram os dois dizendo que iriam mudar as suas vidas, que iam transformá-los, mas os anos se passaram, os dois foram crescendo e percebendo que a almejada igualdade nunca o faria iguais aos meninos do Centro, mas que a riqueza, poderia atingir âmbitos diferentes em suas vidas.

Assim, através da alegria sempre presente na Comunidade, vendo tantas pessoas que dedicavam horas das suas vidas subindo o morro para dar aula de matemática para as crianças, jovens que em todo inverno entregavam diversos agasalhos para as famílias da redondeza e, sobretudo, vivendo relacionamentos verdadeiros que eram construídos nesses momentos aparentemente assistencialistas, mas que mostravam um compromisso de amor entre as pessoas, não suplantados por estamentos: O Rico e o Pobre, a partir dessas premissas, é que eles viam o quanto podiam claramente se considerar ricos de esperança, de força e da certeza de que, através de muita luta, sustentada por cada um que houvesse podido conhecê-los, teriam um fim diferente dos seus pais, que por falta de oportunidade, faleceram pelas calçadas, com fome e frio, sem alguma chance de mudar sua situação.

Il contadino e la casa sulla roccia

casa sulla roccia

C´era una volta un contadino. L´uomo aveva già una certa età e uscendo di casa sabato pomeriggio ha incominciato a pensare nella sua vita. È cresciuto in una bella famiglia, studiato in una buona scuola, si è laureato in una fortissima università ed ha raggiunto molto successo nella sua vita professionale. Si è sposato con una bellissima ragazza e con lei ha avuto tre figli di cui due erano già sposati e vivevano molto bene in Europa.

Immerso nei suoi vaghi pensieri, lui ancora sentiva un certo vuoto nel suo cuore… aveva raggiunto tutto quello che qualsiasi persona vorrebbe avere, c´era davvero tutto, ma li mancava la felicità.

Camminando verso il monte ha trovato un suo grande amico, compagno di viaggio quando erano ancora giovani… Chiacchierando, sono arrivati alle stesse conclusioni di che erano davvero persone di successo… avevano una vita stabile, ma pure così, si sentivano ancora tristi. Salutando questo amico cominciò a camminare verso la città sopra il monte… lì dove abitava un altro suo grande amico.

Da lontano ha visto la sua casa, semplice, divverssima del suo piccolo palazzo… i suoi quattro figli correvano con il cane e l´amico, assieme alla sua moglie, curava il giardino di orchidee. Il contadino camminò verso la casa del uomo e si è spaventato con la accoglienza e la festa che lui l’ha fatto, pure se non si vedevano da tantissimo tempo.

Anche egli è stato con lui in quel viaggio di un anno in Europa, dove hanno vissuto, assieme ai ragazzi di tutto il mondo, un´esperienza fortissima di scambi culturali. Davanti a lui, il contadino si sentiva un po´ male, vedendo la casa semplice, ma il sorriso così bello del suo amico. Si ha fatto la domanda: Come mai? Se lui non aveva raggiunto neanche la metà di ciò ne ho io?…

Incuriosito da quella felicità. Ha chiesto a quest’amico se lui era davvero felice come traspariva. Allora l´amico, ha dato un sorriso ancora più bello ed ha detto che non aveva immaginato che sarebbe arrivato a quel punto sentendosi così contento con la sua vitta.

Diceva che dopo il viaggio è tornato a casa, rivisto tutta la sua famiglia e ricominciato a studiare… è entrato nell’università e si è laureato con bellissimi voti.

Parallelamente ha ritrovato il suo amore di infanzia… la ragazza con cui aveva sempre sognato e sentito che sarebbe la madre dei suoi figli e perciò aveva atteso tutta la vita, fidandosi da Dio… Si sono messi insieme, fidanzati alcuni anni, sposati e ora avevano quei quattro bellissimi bambini.

Contento con l´attenzione che cercava di dare ai suoi racconti, ha detto al contadino che dopo due anni assieme alla sua moglie, lei ha avuto una malattia gravissima ed è rimasta un anno nell’ospedale. Con gli occhi pieni d´acqua ha detto come quel rapporto costruito con i ragazzi quell’anno in Europa l´ha sostenuto sempre, specialmente in quel momento assai difficile. Sentiva forte la presenza di quella bellissima famiglia e ciò l´ha dato forza per andare avanti, pure immerso in tanta sofferenza…

Alla fine ha detto che quel periodo è passato, la sua moglie si è stata curata ed hanno vissuto assieme fin lì. Il contadino non sapeva veramente cosa dire… Una vita così semplice e con tanta sofferenza, così diversa della sua e lui ancora si sentiva più felice!! Come mai?? Vedendo che il contadino era molto sorpreso, l´amico della casa sopra il monte ha cominciato ha raccontare una storia:

Un uomo, molto intelligente, voleva costruire la sua casa… aveva tutto, mattoni, cimento, tutto. Però non sapeva dove costruirla. Ha provato costruirla sulla sabbia ed è riuscito abbastanza bene, però, quando è venuta la tormenta, la casa è caduta per terra e lui è rimasto senza niente.

Dopo molto pensare, ha capito che doveva costruirla sulla roccia… e le tormente che sono venute l´hanno servito di conferma, perché la casa è sempre rimasta su… Spiegando la storia, lui voleva dire che aveva vissuto bene ogni momento di quella esperienza in Europa. Che in tanti momenti guardava tante volte il contadino e tanti altri e capiva che stavano sprecando l´opportunità di costruire la loro casa sopra la roccia… Che quel momento magico e unico era la possibilità donata da Dio per farli capire che l´unità costruita in Dio, ci dà delle certezze e ci aiuta per sempre a camminare, pure avendo tanti ostacoli, paure, perché non ci sentiamo mai più da soli.

Sentendo tutte queste cose, il contadino si è commosso… aveva capito che non aveva approfittato quella’ opportunità di costruire questi rapporti… che si era preso dalla fatica, della nostalgia di casa, che non riusciva a sopportare le differenze culturale e non ha saputo andare oltre questi ostacoli.

Comunque era tardi…

Però…. sentiva che poteva ricominciare… pure se non aveva trovato la gioia in tutta la sua vita.. c´era ancora alcuni anni da vivere e l´opportunità di riscoprire ciò che dà senso alla nostra storia… costruire la nostra piccola casa sopra la roccia.

Corrida frenética

Corrida frenética

Encostei a cabeça no travesseiro e quando me dei conta estava correndo… A poeira se levantava por detrás dos meus passos largos, que iam marcando o caminho tortuoso.

Corria indiscriminadamente, sem olhar para trás, numa fuga desesperada de tudo aquilo que possuía. Estava me abstendo de amigos, amores, sonhos, idéias, buscando um novo nascer, novas certezas, escapando das dúvidas, medos. Por isso não parava de correr.

Porém, obviamente fui me cansando… Correr e não chegar a lugar algum me dava a impressão de estar percorrendo um caminho circular, mas as diferentes paisagens, nascentes e poentes, o movimento das estrelas, o colorido do arco-íris, me mostravam que não estava sempre no mesmo lugar, não obstante a minha incapacidade de definir por onde passava. Horas, dias se foram e aquela corrida frenética já me havia consumido todas as forças.

Fui pensando eu um motivo por ter começado a correr para justificar o meu cansaço e as pressões sociais que viriam quando mostrasse, finalmente, que não teria valido a pena fugir. Assim, vi que não eram de situações, pessoas, que estava fugindo, correndo.

Queria escapar, driblar, algo intangível.

Levantei assustado, um pouco febril. Mas o meu discernimento pobre me mostrou (in) felizmente com aquela experiência, que só não posso fugir de mim mesmo, da minha consciência.

O desaparecimento do amigo invisível

amigo invisível

Estava o menino com seu amigo invisível a vaguear pelas estradas. Há tempos tentava construir um diálogo profundo, um relacionamento verdadeiro com o amigo invisível, mas este estava sempre se escondendo, ocultando suas idéias, sonhos, mergulhando em uma introspecção que beirava o superficial.

O cansaço nos olhos do menino mostrava realmente que ele já havia tentado de tudo: falar para que o amigo estivesse à vontade, escutar para ajudar o amigo a falar e simplesmente perder, pra ver se assim despertava a vontade de compartilhar sua vida com ele. Porém, os anos se passavam, os dois iam crescendo juntos, mas o relacionamento entre eles continuava sempre o mesmo.O menino havia descoberto muitas coisas, vivido muitas experiências e em tudo despertava uma vontade imensurável de comunicar, co-viver, enquanto o amigo invisível continuava se fechando, construindo-se só.

Em uma tarde ensolarada em que o amigo invisível saiu para dar voltas no jardim, o menino encontrou uma garota pulando cordas embaixo da macieira. Ela estava bem contente, pulava, sorria e isso impressionava o menino, que logo perguntou:

_ Quem é vc?

Parando de pular e com um sotaque engraçado disse: _Paula! E vc?

Procurando responder rapidamente o menino disse: _ Estou procurando há meses essa resposta, não sou quem era, nem quem serei. Simplesmente sou, mas não sei o que!

A garota, impressionada e particularmente confusa com a resposta, sentou, encostando-se no tronco da macieira e começou a conversar com o menino. Falaram sobre as estrelas, sobre o céu, o Sol e enfim, sobre si mesmos. Passaram horas descobrindo-se e logo estavam rindo e contando piadas, pareciam amigos há anos.

Já no fim da tarde, o amigo invisível, voltando do jardim, observou distante a conversa e ouviu as risadas do menino e da garota. Sentiu logo uma tristeza por não poder se lembrar de um momento tão alegre vivido com o menino. Via-o agora tão contente com a garota que sentia um ligeiro arrependimento, mas era tarde.

Quando as estrelas começavam já a brilhar no céu, o menino se despediu da Paula e voltou contente para casa. Sentia-se presenteado por encontrar alguém como ela, com vontades e exigências convergentes. Desde então ele nunca mais encontrou o amigo invisível, que havia simplesmente desaparecido, para sempre.

Page 13 of 16

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén