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Metà del viaggio

Feste, cibo, riposo, incontri con gli amici, la famiglia e sono già passate tre settimane di Brasile, metà del viaggio.

Interessante come ogni secondo vissuto ci impone la scelta binaria di: approfittare (1) o non approfittare (0) ogni cosa? e con Flavia, cerchiamo di “sommare” queste opportunità di non soltanto “stare” nel posto che sono nato, con le persone che mi hanno accompagnato tutta la vita, ma di “vivere” intensamente queste realtà con lo scopo di conoscerci sempre più in profondità.

Mi sembra che quest’ultima settimana sia stata caratterizzata dalla intensa convivenza fra noi e la mia famiglia. Difficile è stato però capire che questo processo è davvero duro, pieno di sfide, “morti”, ma è anche questo il momento da vivere queste cose. È nel fidanzamento che abbiamo la grazia di conoscerci nella libertà, nella gioia di un impegno definitivo non ancora assunto (formalmente).

Quello che mi è rimasto da questi giorni è stata, di nuovo, la gioia immensa di un amore sempre più grande, intenso, che tocca il cuore e perciò solo può venire dall’Assoluto ed avvenire in Esso.

Bello rendermi conto di una sensibile felicità quotidiana. Sentimento così nuovo, così fantastico, che dà innanzitutto significato a ogni difficoltà.

Domani partiamo per cinque giorni da Gabrão e Camila a Curitiba. Felicità indescrivibile di trovare questo fratello con Flavia e poter passare un po’ di tempo insieme.

Amore, vero amore

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La mi’anima riposa nel tuo sorriso scattato

Ti guardo e contemplo nel più “intimus meo”

Solo il tuo amore sazia l’esistenziale desiderio

Nel battere del cuore inabisso nello sguardo ch’è «teu»

Ti spero felice poiché il tempo ormai corre

Nei misteriosi e inevitabili dolori,

l’ultima lacrima dal mio volto scorre

e ritrovo me in Te, in Lui, in mezzo

L’attesa insopportabile di starti vicino

Senza scappare dall’abbandono che mi avvolge

L’amarti, l’amare è quotidiana morte

Ma lì nell’onnipotente solitudine

Sono davvero io, kenosi divina

Scandaloso silenzio.

Inoltre tutto

Vero amore!

Sophia più Karina

Quale dei tuoi molteplici volti

rimarranno impronta sicura nei corridoi sophiani?

Indescrivibile sensibilità

che scorre in paradossali lacrime e sorrisi;

Sguardo profondo.

Insaziabile sete di Dio

Semplicità e concretezza avvolta

nel vero amore all’Abbandonato

Stare con te è privilegio,

magnifico dono

Anche se tante volte ci siamo trovati

e tu ci sorridevi con faccia di sonno

Parti e lasci segnata la tua presenza mariana

Torni a casa e porti in te noi tutti,

e noi che poi rimaniamo

cerchiamo di rimanere fedeli

a questa bella comunitaria sfida

È vero, Sophia si è scoperta

in questi due ultimi anni,

più profonda, più Karina!

 

 

Versi di vocazione

Forza stravolgente

Spinta naturale

Apparente accecarsi dello spirito

Risposta al perché esistenziale.

Desiderio d’unità compiuta

Invito alla «pericoresi» vissuta

“Crudele e dolcissimo amore”

Costante timore

L’incontro dell’essere umano-divino

Dilemma ch’è insormontabile mistero

Insopportabile silenzio che comunica

Scelta scatologica del Vero

Il rischio della philia

È interessante vedere come la formazione e l’ambiente sono medesimamente contributi decisivi nella gestione e risoluzione di conflitti.

Però, essendo immerso personalmente in una realtà specifica,come questa di Sophia, non è possibile osservare con distacco (nel senso scientifico moderno) ciò che esiste di chiaramente diverso con altri ambienti.

Impostate queste due premesse potrei dire che questo definito “impegno assunto di reciprocità forte”, osservabile nella vita a Sophia, spinge i suoi coinvolti ad un incontro più fraterno con il diverso. Permette una coscienza “a priori” di che l’altro, anche se tante volte mi ferisce perché diverso da me, in fondo mi vuole bene, è un fratello.

La Christianitas del medioevo è, come abbiamo studiato nel corso di economia, il primo tentativo sociale di vivere concretamente questo amore “agapico”, dopo l’evento di Cristo e l’inizio della chiesa primitiva. Però, come si è poi osservato, questo modo di vivere non è riuscito a mantenersi per molto tempo, perché ogni tentativo di “salvare una realtà” genera quasi spontaneamente la chiusura (philia) in un rapporto tra “uguali”.

Questo vuol dire che, allo stesso tempo che Sophia permette un atteggiamento iniziale già in sé aperto, “risolutivo” in un conflitto, ci si rischia di costruire una realtà omogenea, che impone (pretende) un certo tipo di atteggiamento, senza veramente un rispetto alla diversità.

Vivere qualsiasi realtà con “degli amici” attenua la dimensione di un conflitto, perché quando ci si vuole bene è più facile attuare in modo aperto e fraterno con l’altro.

Invece in altri ambiente le sfide sono altre. La più grande magari è superare la chiusura individualistica verso l’altro, al diverso, con la coscienza e il coraggio di identificare in esso (senza pretendere) un contributo decisivo per la crescita individuale e comunitaria.

Finché Sophia fa uso della formazione “all’unità”, dove quelli che la vivono cercano di mettere in pratica, per mezzo di un rispetto vero e aperto verso il diverso, nel mio parere essa sarà un vero laboratorio per le risoluzione di conflitti. Però, se diventa “philia”, rapporto tra “amici”, perde il suo significato innovatore.

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