Author: Valter Hugo Muniz Page 88 of 240

Valter Hugo Muniz - Formado em Comunicação Social com ênfase em jornalismo pela Pontifícia Universidade Católica de SP (PUC-SP) em 2009, concluiu em 2012 a “laurea magistrale” em Ciências Políticas no Instituto Universitário Sophia, na Itália. Com experiência em agências de comunicação, multinacionais, editoras e televisão é, atualmente, consultor de comunicação na ONG Arigatou International, em Genebra, Suíça. Com vivência de mais de cinco anos na Europa (Itália e Suíça), participou de trabalhos voluntários em São Paulo e na Indonésia pós Tsunami (2005), além de uma breve estadia na Costa do Marfim (2014). É fundador do escrevoLogoexisto.

Sophia più Karina

Quale dei tuoi molteplici volti

rimarranno impronta sicura nei corridoi sophiani?

Indescrivibile sensibilità

che scorre in paradossali lacrime e sorrisi;

Sguardo profondo.

Insaziabile sete di Dio

Semplicità e concretezza avvolta

nel vero amore all’Abbandonato

Stare con te è privilegio,

magnifico dono

Anche se tante volte ci siamo trovati

e tu ci sorridevi con faccia di sonno

Parti e lasci segnata la tua presenza mariana

Torni a casa e porti in te noi tutti,

e noi che poi rimaniamo

cerchiamo di rimanere fedeli

a questa bella comunitaria sfida

È vero, Sophia si è scoperta

in questi due ultimi anni,

più profonda, più Karina!

 

 

[vidaloka] Fim do primeiro ano de mestrado

Depois do retorno de Lisboa, aonde fui para participar do Seminário Internacional News & You, eis-me aqui novamente em Loppiano para os últimos dias de estudo antes de voltar pro Brasil.

A experiência em Portugal foi ótima, mesmo que cheia de questionamentos, sofrimentos e descobertas.

“Nessuno può conoscersi totalmente da se stesso: sono gli altri, sempre, a completare la visione che noi – come singoli e come popoli – abbiamo di noi stessi; sono gli altri in diversi modi, a dirci chi veramente siamo”*.

Essa frase do prof. Antonio M. Baggio esprime bem essa a minha grande conclusão desses dias, no ver que muitas pessoas têm a si mesmas como única dimensão da própria vida. Que só fazem ou se envolvem em algo que possivelmente serve de benefício a si.

Novamente me dei conta de que a nossa maior riqueza é sempre “estar em relação”. È essa a melhor maneira de conhecer melhor o mundo e a si mesmo.

Hoje começa a maratona de estudos. Serão 6 provas em 2 semanas (10 dias). De qualquer forma tenho procurado estar realmente tranqüilo, dar tudo e ser DOM verdadeiro, sem me preocupar com os resultados.

Cada coisa que vivi aqui não se limita aos 30, 29, 28… as verdadeiras experiências não são quantificáveis e mesmo aquelas que são, na verdade servem de Luz para um encontro cada vez mais profundo no mistério da vida.

Começa agora um momento decisivo aqui em Sophia, que quero viver bem para poder estar inteiro nas próximas experiências que farei no Brasil, na Suiça… espero que consiga!

*BAGGIO, A.M. – Principio dimenticato – L’idea di fraternità tra due rivoluzioni: Parigi 1789 e Haiti 1791;

Versi di vocazione

Forza stravolgente

Spinta naturale

Apparente accecarsi dello spirito

Risposta al perché esistenziale.

Desiderio d’unità compiuta

Invito alla «pericoresi» vissuta

“Crudele e dolcissimo amore”

Costante timore

L’incontro dell’essere umano-divino

Dilemma ch’è insormontabile mistero

Insopportabile silenzio che comunica

Scelta scatologica del Vero

Il rischio della philia

È interessante vedere come la formazione e l’ambiente sono medesimamente contributi decisivi nella gestione e risoluzione di conflitti.

Però, essendo immerso personalmente in una realtà specifica,come questa di Sophia, non è possibile osservare con distacco (nel senso scientifico moderno) ciò che esiste di chiaramente diverso con altri ambienti.

Impostate queste due premesse potrei dire che questo definito “impegno assunto di reciprocità forte”, osservabile nella vita a Sophia, spinge i suoi coinvolti ad un incontro più fraterno con il diverso. Permette una coscienza “a priori” di che l’altro, anche se tante volte mi ferisce perché diverso da me, in fondo mi vuole bene, è un fratello.

La Christianitas del medioevo è, come abbiamo studiato nel corso di economia, il primo tentativo sociale di vivere concretamente questo amore “agapico”, dopo l’evento di Cristo e l’inizio della chiesa primitiva. Però, come si è poi osservato, questo modo di vivere non è riuscito a mantenersi per molto tempo, perché ogni tentativo di “salvare una realtà” genera quasi spontaneamente la chiusura (philia) in un rapporto tra “uguali”.

Questo vuol dire che, allo stesso tempo che Sophia permette un atteggiamento iniziale già in sé aperto, “risolutivo” in un conflitto, ci si rischia di costruire una realtà omogenea, che impone (pretende) un certo tipo di atteggiamento, senza veramente un rispetto alla diversità.

Vivere qualsiasi realtà con “degli amici” attenua la dimensione di un conflitto, perché quando ci si vuole bene è più facile attuare in modo aperto e fraterno con l’altro.

Invece in altri ambiente le sfide sono altre. La più grande magari è superare la chiusura individualistica verso l’altro, al diverso, con la coscienza e il coraggio di identificare in esso (senza pretendere) un contributo decisivo per la crescita individuale e comunitaria.

Finché Sophia fa uso della formazione “all’unità”, dove quelli che la vivono cercano di mettere in pratica, per mezzo di un rispetto vero e aperto verso il diverso, nel mio parere essa sarà un vero laboratorio per le risoluzione di conflitti. Però, se diventa “philia”, rapporto tra “amici”, perde il suo significato innovatore.

Immergersi nella cultura altrui

La riflessione sulla diversità culturale non è sempre sviluppata attraverso un approccio simmetrico. Nell’Europa occidentale e negli USA il colonialismo culturale per mille anni si è creduto l’unico vero cammino per il progresso dell’uomo.

Però, ciò che la storia testimonia è, altro che uno sviluppo della persona, in tutte le sue molteplicità, è stata realizzata l’assolutizzazione dell’individuo, slegato addirittura della propria cultura e indirizzato ad una “pseudo cultura” basata sulla libertà e i diritti individuali.

Da brasiliano, mi trovo sempre condizionato quando cerco di analizzare la mia cultura. Siamo stati colonizzati dal rifiuto sociale europeo (banditi, indebitati, criminosi) che, nelle sue origine, volevano soltanto estrarre e esplorare le ricchezze del Nuovo Mondo, per arricchirsi individualmente.

Immisurabile le uccisioni degli indigene, degli africani che sono stati fatti schiavi e innumerevoli le occasioni con lo scopo di “silenziare” quel popolo nascente che cercava un’affermazione culturale.

Allora, non si può parlare di cultura, di sviluppo e neppure di conflitto, se non si impara a guardare “nello stesso livello” le altre culture e si cerca di capirle profondamente, scoprendo le sue origini. Nel gestire i conflitti ci sono tantissimi condizionamenti che solo ci rendiamo conto quando usciamo del nostro “quartiere” e ci mettiamo in rapporto vero e profondo con “il diverso di me”, e che perciò mi “ferisce”.

La mia cultura ha imparato a gestire i conflitti in modo pacifico e creativo. Anche se abbiamo diversi scontri per conto della disuguaglianza sociale (anche questa nella radice storica del paese), ma in modo speciale per la mancanza di una radice etica nella sua propria struttura di formazione, siamo conosciuti in tutto il mondo per la nostra generosità, accoglienza e tolleranza ai diversi tipi di cultura.

Quello che magari possiamo portare al mondo è il rispetto alla diversità, l’armonia (non perfetta) tra diverse culture che si mischiano, senza perdere la loro identità originaria, e che si fanno “brasiliane”.

Però, purtroppo, anche questo dato importante della nostra cultura, viene tante volte vissuto in maniera superficiale. Non si va a fondo nella realtà e nei paradossi altrui e così anche la bellezza costitutiva diventa quasi ideologica.

La cultura dell’unità è un invito vero al conoscere profondo (e vero) dell’altro. Non basta sentirsi bene, accolto, rispettato nella diversità. È necessario un incontro vero, comunitario, direi FISICO, tra i diversi, perché i conflitti siano affrontati in modo positivo e come un scambio complementare.

Personalmente sperimento questo nel rapporto d’amore (Eros e Agape) con la mia ragazza. Essendoci di culture diverse (Brasile e Svizzera) abbiamo la sfida costante di crescere insieme in questo scambio pari e rispettoso. Ciò che la cultura dell’unità ci aiuta è nel vedere la difficoltà e i limiti reciproci come un invito a conoscere sempre più profondamente l’altro. Non volendo evitare lo scontro, il conflitto, ma cercando di guardarlo come opportunità vera di complementarità esistenziale.

Però, c’è bisogno di apertura, coraggio, perseveranza virtù (nel senso classico), che si acquistano nell’esercizio costante di camminare verso l’altro.

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