Author: Valter Hugo Muniz Page 73 of 240

Valter Hugo Muniz - Formado em Comunicação Social com ênfase em jornalismo pela Pontifícia Universidade Católica de SP (PUC-SP) em 2009, concluiu em 2012 a “laurea magistrale” em Ciências Políticas no Instituto Universitário Sophia, na Itália. Com experiência em agências de comunicação, multinacionais, editoras e televisão é, atualmente, consultor de comunicação na ONG Arigatou International, em Genebra, Suíça. Com vivência de mais de cinco anos na Europa (Itália e Suíça), participou de trabalhos voluntários em São Paulo e na Indonésia pós Tsunami (2005), além de uma breve estadia na Costa do Marfim (2014). É fundador do escrevoLogoexisto.

Fine dell’esperienza a Sophia

Fra qualche giorno io concludo una delle ultime tappe della mia esperienza a Sophia.

Quasi due anni fa sono partito dal mio paese, lasciato carriera, famiglia, cultura, credendo (e ancora ci credo) in questo progetto profetico e necessariamente “pericoretico” di VITA e Studio.

Passato questo periodo intenso, mi rendo conto di che sono arrivato con un bagaglio più pieno di esperienze di vita che maturazione intellettuale. Già nella mia prima scelta universitaria ho deciso di trovare un posto che mi formassi un giornalista essenzialmente umano, capace di guardare le relazioni e, solo dopo, con l’esercizio intellettuale, trovare i concetti capaci di universalizzare i tentativi personali di sintesi.

Sophia invece mi ha dato le basi che non ne avevo. Mi ha fatto conoscere una dimensione della mia esistenza, dell’ESSERE, che ancora non conoscevo profondamente.

Incontrare Dio, che pensavo esistere soltanto nei rapporti, attraverso lo studio è stato il dono più grande ricevuto da quest’esperienza. In ciò è stata “relativizzata” la certezza di che è la vita il più importante. “Vivere per capire”, però anche “Capire per vivere”.

Stare qua mi ha spinto a non guardare mai in maniera dualistica o dialettica la realtà. Il paradigma trinitario mette la relazione tra gli opposti non soltanto come fine, senso interiore della mia esistenza, ma come metodologia: “occhiale” che permette vedere il mondo da una nuova prospettiva, da riscoprire in ogni momento e durante tutta la vita.

Questo è il bello di Sophia, ma c’è anche un’altra dimensione.

Da quando sono arrivato a Loppiano avevo chiaramente dentro di me il desiderio di adesione a quello che Sophia si propone. Non soltanto superare con eccellenza gli esami, ma avere la stessa esigenza in tutti ambiti della vita: Pulire un bagno bene, cucinare, aver pulita la stanza e soprattutto costruire rapporti profondi, con la stessa passione che scoprivo mentre conoscevo meglio Aristotele, Galileo Galilei, Paolo di Tarso…

Però, qui, mi sono anche reso conto che, la reciprocità che il progressivo percorso di presa di coscienza intellettuale ci porta non si applica medesimamente nei rapporti umani.

Aderire a un progetto così utopico, intenso e psicologicamente problematico come quel di Sophia, ha chiesto di me, che sono cresciuto in una logica di scambio comunitario, una fatica enorme, ma immagina per quelli che non avevano mai fatto una esperienza del genere?

Nello studio l’incomprensione fa parte del percorso gnoseologico. Nella vita la “non relazione”, sperimentata nella pelle, ha delle conseguenze più dure, non solo per se stesso ma per tutto il contesto comunitario.

Vivere esige non solo il confronto con se stesso, ma ti mette davanti ad un vero ALTRO, che essendo fondamentalmente libero, determina – con le sue scelte – il contenuto della relazione, dell’esperienza nel suo Tutt’uno. Questo per me è stato il dramma di Sophia in quest’ultimo anno.

Sottovalutare lo sviluppo delle complessità di quest’aspetto ha messo l’università in una situazione di crisi, mettendo in questione un progetto formativo che è di STUDIO, ma parimente di VITA.

L’ammissione di soggetti che non hanno aderito profondamente questa sfida, senza un accompagnamento personale continuo, insieme alle difficoltà economiche che hanno fatto crollare le strutture che sostenevano l’ambiente “relazionale”, ha promosso una situazione estremamente difficile e di un livello di gravità conflittuale impensabile.

Io, personalmente, mi accorgo che l’esaurimento fisico e psicologico è arrivato al limite e anche se comunque mi sento chiamato a vivere fino in fondo anche queste difficoltà dovrò partire per motivi essenzialmente economici.

Dovendo pagare più di tre volte ciò che avevo pagato al primo anno di studio e non potendo assumere queste spese e neanche Sophia incontrando un’alternativa, ho deciso di proporre (avendo gli esami a posto) di scrivere la mia tese in Svizzera.

In questo modo, all’improvviso, finisce la mia esperienza da abitante ordinario.  

Certamente sono contento della decisione, tanto per avere la tranquillità psicologica nel finire le tappe conclusive dello studio (ultimi esami e tesi), quanto di poter stare vicino a Flavia in questo momento di preparazione per il nostro matrimonio. Ma entrambi sono provvidenze, impreviste, però accolte con gioia da me e da lei.

Ma infine, cosa rimane di Sophia oltre alle scoperte e la stanchezza? I rapporti.

Culturalmente, le difficoltà mi hanno sempre servito come richiamo ai rapporti. A Sophia sono stati i tanti momenti di comunione profonda, aiuto reciproco, scambio interessato di vita, che mi hanno sostenuto sempre, ridimensionato l’esperienza e dato forza per non mollare, ricominciare, avere misericordia, amare.

Questa è la ricchezza più grande che porto con me… segno sicuro di che è veramente possibile superare tutto se in qualche grado della nostra vita entriamo profondamente in rapporto con l’altro. Le persone, quelle che vogliono stare in relazione, sono state fonte infinita di Luce, di gioia, di sollievo.

Parto felicissimo di andare via, ma triste di non avere più la possibilità di far crescere (attraverso la presenza corporea) i rapporti costruiti. Però, dove ci sono persone, c’è sempre l’opportunità di pericoresi. Ora tocca La Svizzera.

Testamento 2012 – Conoscere per amare veramente

Per tanto tempo io ho immaginato che il miglior anno della mia vita sarebbe stato quando avrei compiuto i miei 23 anni – età in cui pensavo che mi sarei sposato.

Però il Kairòs (tempo giusto) segue un percorso che è poco cronologico, ma che evidenzia lo Scultore che lavora la nostra vita con cura.

Ecco che finalmente, con 28 anni ormai compiuti, posso dire che vivo il momento più bello della mia vita.

So che è cosi perché sento dentro di me rafforzare i legami con la mia terra, la cultura, la famiglia, senza mai chiudermi alla possibilità di aprirmi agli altri, di amarli e conoscerli.

Conoscere per me non è fare fisicamente le esperienze, ma l’essere cosciente che la realtà, frutto della vita fisica (presenza corporea) è quella più capace di fondamentare i concetti elaborati dalla ragione.

L’intelletto è invece la capacità di vuoto, di far spazio a qualche cosa di inesprimibile, incomunicabile, solo “vivibile”.

Questa è senza dubbio la ricchezza interiore più preziosa in questo periodo della mia vita. Vivere con tutto l’essere la realtà che voglio comunicare, studiare, analizzare = conoscere.

Perciò è importante essere accanto alle persone che voglio bene: la famiglia, i veri amici e Flavia – la mia compagna di viaggio e dono più grande tradotto in due massime: LIBERTA E GIOIA.

Se questo fosse il mio ultimo anno in questa terra, vorrei viverlo ogni secondo insieme a lei, cercando di offrire l’intensità, semplicità e verità del nostro amore agli altri.

Le cose materiali vorrei che siano tutte donate ai fratelli bisognosi, non per solidarietà, ma perché in ciò possano anche sentire l’Amore che io ho sempre ricevuto in abbondanza.

Ho tante attese per questo nuovo anno, ma soprattutto spero viverlo glorificando il Dio che mi ha regalato il dono di poter essere qui.

Assistência social fraterna no Uruguai

Valeria Cardozo, 28, é uma jovem uruguaia que acredita no protagonismo pessoal como instrumento para a construção de um mundo mais igualitário. Sem se contentar simplesmente em cultivar esse ideal positivo dentro de si, ela tenta colocá-lo em pratica diariamente no seu trabalho como assistente social, destinado essencialmente aos excluídos da cidade onde vive.

Na contramão de uma prática assistencialista, Valeria considera o seu trabalho um constante “caminhar juntos”, em que é realmente possível realizar pequenos e grandes projetos, procurando ver as pessoas ajudadas como irmãos. Esse olhar fraterno leva todos os envolvidos no projeto, a resultados concretos de melhoria da qualidade de vida e de maior consciência cidadã.

O que você faz em vista de um mundo mais unido?

Como assistente social, desenvolvo diversos projetos sociais no meu país. O principal deles, promovido pelo governo local em parceria com algumas ONGs, situa-se no bairro Borro, um dos mais pobres de Montevidéu. Lá nos ocupamos de crianças, adolescentes e de suas famílias, que vivem em situação de extrema vulnerabilidade social. É um projeto amplo que tem como objetivo principal promover a participação cidadã, criando espaços coletivos que permitam resolver as necessidades dos habitantes por meio do diálogo e de ações comunitárias.

Quais são os resultados?

São vários, alguns mais visíveis do que outros. Por exemplo, a melhoria de áreas públicas ou a criação de espaços recreativos. Outros são mais estratégicos, como pensar um tipo de rede que permita maior intercâmbio entre a comunidade e suas organizações sociais. Parece-me, porém, que o maior resultado está no envolvimento dos próprios moradores no projeto, propondo ideias e sentindo-se protagonistas de um bairro melhor.

O que esse trabalho significa para você?

Para mim, trabalhar em projetos sociais significa procurar integrar minha profissão ao desejo interior de um mundo mais fraterno, onde todos os direitos cidadãos sejam plenamente usufruídos.

Artigo publicado na Revista Cidade Nova 

Tempo di partire

Venire

Partire

Gioia da scoprire

Interiore ostacolo, ormai superato

Massima Felicità di sdraiarmi sul prato

Venivo in attesa di giorni felici

Cosciente però che ci sarebbero pure i tristi

Parto contento di poter continuare

Felicità-fondamento nell’avvento di sposare

Partire è saper ch’è Dio il conduttore

Perciò parto, senza pentimento o timore

Vado via superando il cancello di Narnia

Dall’altra parte continua la vita con Flavia

Infine lascio soltanto sorrisi

Immensa gioia e momenti difficili

E la vita continua pure senza Gabri o Lia

Ma nel cuore, lo so, ci sarà sempre Sophia

29 dias no país do Tsunami – Parte40: Eu, 8 anos depois do Tsunami na Indonésia

Há quase oito anos eu estive na Indonésia 6 meses depois do trágico terremoto de 2004 e me dou conta de quanto ainda me arrepia lembrar de tudo aquilo que pude viver nas terras de um povo que ainda tentava cicatrizar as feridas que um desastre natural causa.

Tantas perguntas sem respostas, tantos porquês aclamados entre lágrimas de pais que perderam seus filhos, filhos que perderam toda a família, no sismo seguido de tsunami do oceano Indico. Antes daquele 26 de dezembro, provavelmente tantas famílias celebraram juntas seu último natal antes de serem engolidas pelas imensas ondas.

Contudo… a pergunta que me fiz ali, oito anos atrás, ainda ecoa internamente:

O que sobrou dentro de cada ser humano do planeta que foi informado dessa grande tragédia?

Mais de 230.000 vidas foram consumidas, mas o quanto refletimos como comunidade internacional sobre os nossos atos, sobre a nossa responsabilidade individual no impulsionar reações violentas da natureza?

Voltando para casa, depois dessa experiência inesquecível, permaneci em um silêncio interior de quase 2 meses.

Sentia uma grande dificuldade de me comunicar dentro de um ambiente consumista, individualista, de uma pobreza humana desesperadora. Queria voltar para a Indonésia.

Porém, encontrando um jovem franciscano da Toca de Assis, pude entender que os “meus pobres”, aqueles que eu deveria cuidar, dar de comer, lavar, não tinham necessidades materiais, mas espirituais. Essa pobreza, disse-me o jovem «toqueiro» “eu nunca poderei tentar curar”.

Aquelas palavras me trouxeram definitivamente ao jornalismo e ao desejo de tocar a humanidade das pessoas por meio da informação, para que os números exprimam a vida que se esconde por detrás deles…

Encontrar o sofrimento daquelas pessoas e a paradoxal dignidade, a vontade de viver, mesmo diante das adversidades, me serve ainda hoje como impulso a não me limitar as vicissitudes de uma vida medíocre, baseada em sonhos materiais. Já naquele momento, ser «fraterno» era antes de tudo procurar fazer da minha existência, dos meus talentos, serviço aos mais necessitados, de pão e de Deus.

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