In una lezione di economia tenuta da Luigino Bruni, Daniel Beniamino lo ha interpellato circa il rispetto del concetto di reciprocità e l’impossibilità di amare senza aspettare, umanamente, una risposta dell’altro.
(…)
Un tuffo nelle comprensioni politiche e nel conoscere lo sviluppo della coscienza giovanile dopo il ’68, mi ha fatto sentire dallo stesso Daniel alcune esperienze fatte dal movimento sociale in Brasile, che cercava con la formazione, di “risvegliare” i giovani ad una coscienza globale co-relazionata.
Dopo averlo sentito ho detto che, secondo me, non basta la coscienza: l’esperienza è determinante per capire la dimensione umana dell’amore, è ciò che ci spinge a capire il senso profondo della nostra conoscenza.
Da lì abbiamo fatto un tuffo profondo nel cos’è l’amare secondo l’ottica trinitaria. In quel momento di profonda comunione mi sono subito ricordato dell’intervista fatta, ormai quasi un anno fa, con Maria Voce, sulla cultura del dare e l’economia di comunione in cui lei mi ha fatto vedere come l’amore rispetta la libertà degli altri e che quando ci troviamo davanti alle situazioni in cui l’altro, coscientemente, decide di “non amare”… ci tocca soltanto testimoniare l’amore, che percorre un apparente “senso unico”.
Ma in verità quest’amore verso gli altri, [una comprensione personale] proprio perché è basato sul libero arbitrio ed anche perché è «excursus» ermeneutico, è anzitutto risposta all’amore personale di Dio per noi, che c’è, indipendentemente.
L’amore di Dio non va o torna, ma è la nostra capacità di accogliere e interpretare che cambia, si sviluppa, nel momento in cui siamo in relazioni con gli altri. L’amore è l’essenza di Dio ed è presente in tutto il Creato e nei rapporti interni fra esse. Noi siamo invitati a vivere la reciprocità con Dio, per rispondere al Suo amore.
Allora, essenzialmente amiamo per due motivi: prima per stare in rapporto reciproco con Dio, rispondendo al Suo amore, facendo la nostra parte (in maniera volontaria e libera) e poi per permettere che gli altri possano vivere la stessa esperienza e scoprano la bellezza di stare in rapporto reciproco con Dio.
È vero anche che tante volte Lui manifesta il Suo amore personale per noi attraverso la risposta delle persone (o della natura). Mi sembra che potrebbe forse essere un modo Suo di farci capire l’interdipendenza e l’unità del cosmo. Quando amiamo come risposta all’amore di Dio, coltiviamo l’amore negli altri, poi (liberamente e volontariamente) possiamo rispondere anche a questo amore, amando, permettendo che l’amore sia la logica intrinseca in tutte le relazioni umane.
Qui la gratuità è necessariamente rispettata, ma c’è una tensione verso la reciprocità, condizione intrinseca perché questa “logica per natura” sia presente.
L’amore non ha altro che fare che non amare, ma avrà sempre bisogno dell’amato e dell’amante perché sia perfetto, cioè, reciproco.
La gratuità come risposta all’amore di Dio
La logica naturale dell’amore trinitario
In una lezione di economia tenuta da Luigino Bruni, Daniel Beniamino lo ha interpellato circa il rispetto del concetto di reciprocità e l’impossibilità di amare senza aspettare, umanamente, una risposta dell’altro.
(…)
Un tuffo nelle comprensioni politiche e nel conoscere lo sviluppo della coscienza giovanile dopo il ’68, mi ha fatto sentire dallo stesso Daniel alcune esperienze fatte dal movimento sociale in Brasile, che cercava con la formazione, di “risvegliare” i giovani ad una coscienza globale co-relazionata.
Dopo averlo sentito ho detto che, secondo me, non basta la coscienza: l’esperienza è determinante per capire la dimensione umana dell’amore, è ciò che ci spinge a capire il senso profondo della nostra conoscenza.
Da lì abbiamo fatto un tuffo profondo nel cos’è l’amare secondo l’ottica trinitaria. In quel momento di profonda comunione mi sono subito ricordato dell’intervista fatta, ormai quasi un anno fa, con Maria Voce, sulla cultura del dare e l’economia di comunione in cui lei mi ha fatto vedere come l’amore rispetta la libertà degli altri e che quando ci troviamo davanti alle situazioni in cui l’altro, coscientemente, decide di “non amare”… ci tocca soltanto testimoniare l’amore, che percorre un apparente “senso unico”.
Ma in verità quest’amore verso gli altri, [una comprensione personale] proprio perché è basato sul libero arbitrio ed anche perché è «excursus» ermeneutico, è anzitutto risposta all’amore personale di Dio per noi, che c’è, indipendentemente.
L’amore di Dio non va o torna, ma è la nostra capacità di accogliere e interpretare che cambia, si sviluppa, nel momento in cui siamo in relazioni con gli altri. L’amore è l’essenza di Dio ed è presente in tutto il Creato e nei rapporti interni fra esse. Noi siamo invitati a vivere la reciprocità con Dio, per rispondere al Suo amore.
Allora, essenzialmente amiamo per due motivi: prima per stare in rapporto reciproco con Dio, rispondendo al Suo amore, facendo la nostra parte (in maniera volontaria e libera) e poi per permettere che gli altri possano vivere la stessa esperienza e scoprano la bellezza di stare in rapporto reciproco con Dio.
È vero anche che tante volte Lui manifesta il Suo amore personale per noi attraverso la risposta delle persone (o della natura). Mi sembra che potrebbe forse essere un modo Suo di farci capire l’interdipendenza e l’unità del cosmo. Quando amiamo come risposta all’amore di Dio, coltiviamo l’amore negli altri, poi (liberamente e volontariamente) possiamo rispondere anche a questo amore, amando, permettendo che l’amore sia la logica intrinseca in tutte le relazioni umane.
Qui la gratuità è necessariamente rispettata, ma c’è una tensione verso la reciprocità, condizione intrinseca perché questa “logica per natura” sia presente.
L’amore non ha altro che fare che non amare, ma avrà sempre bisogno dell’amato e dell’amante perché sia perfetto, cioè, reciproco.